Il titolo di questo post recita bene: sono tornato da Vienna da qualche ora e non ho fatto nessuna di quelle cose “assolutamente da non perdere“
Partiamo dall’inizio: Vienna è una delle città europee più conosciute nel mondo.
La qualità della vita a Vienna è alta.
Le differenze tra street art e graffiti writing – Street Art Graffiti Disagismi Urbani
Alcuni grandi artisti sono nati o hanno vissuto a Vienna: Mozart, Klimt e Beethoven su tutti.
E chi se le dimentica le lezioni al liceo sull’impero austriaco divenuto poi austro-ungarico
Tutto questo insieme di cose rende Vienna la tappa perfetta per 3 giorni di viaggio alla scoperta dell’arte, della storia e di una tradizione diversa, ma non lontana dalla nostra.
Eppure non ho visitato un solo posto di quelli suggeriti online, avete in mente quei posti che
“Ah se vai a Vienna devi per forza andare a vedere questo”
Non ci crede nemmeno mio padre.
Anzi, mi ha domandato:
“Scusa, ma tu sei stato a Vienna a fare cosa?”
Lì per lì non ho saputo rispondere, ma ripensandoci ecco la risposta:
“Sono stato a Vienna a scoprire la città come voglio io, non come suggeriscono gli altri”
In 48 ore ho percorso 80km tra bicicletta e camminata e mi sento di dire che adoro Vienna, la consiglierei.
Ma forse non lo posso dire perchè non ho visto l’Hofburg Palace, l’Opera oppure il Belvedere.
Ho dedicato il mio intero viaggio alle mie passioni più grandi: graffiti, street art, cafè, birra e le persone.
Il mio primo giorno a Vienna
Atterro a Vienna martedì mattina alle 08.30.
Alle 09.30 lascio il mio bagaglio in reception.
Bike sharing e via verso uno degli edifici più bellamente brutti che io abbia mai visto: lo Spittelau
Lo voglio raggiungere per un motivo: scattare una foto ad un muro.
Starete pensando
“Scattare una foto ad un muro? Ma è scemo?”
Non giriamoci intorno: si.
Percorro in bicicletta svariati km lungo il Donaukanal ed ogni 50 metri mi fermo a studiare i muri o fotografare: sto percorrendo una delle hall of fame più grandi d’Europa
Ci sono graffiti e street art ovunque: alcuni dei più grandi writer al mondo sono passati da qui e riconoscerne le tag è difficile, ma non impossibile.
A metà strada saluto un pescatore che mi blocca, mi racconta qualcosa in tedesco, ma non capisco.
Iniziamo un discorso senza senso in cui cerca di spiegarmi la sua vita, suppongo.
A gesti gli spiego che non comprendo le sue parole e che voglio raggiungere quella bellissimamente brutta torre lì in fondo
Lui mi guarda, mima il gesto di pettinarsi la barba e mi spara un pollice alto: probabilmente cercava informazioni su come avere una barba come la mia (Spoiler alert: non lo so)
Con qualche difficoltà raggiungo il mio obiettivo e rimango incantato: Dio quanto mi affascinano le cose brutte.
Son bravi tutti a dire che una cosa è bella, ma provate a capire la bellezza del brutto.
Proprio al di sotto dell’inceneritore ci sono i muri del viadotto dove si è svolto a giugno 2019 il primo compleanno del Montana Store Vienna e qui si trova il muro della 1UP.
Scatto qualche foto mentre autoctoni in bicicletta e runner passano avanti e indietro facendomi sentire un po’ a disagio.
Due ragazze super atletiche si fermano: in un perfetto inglese mi chiedono
“Do you need help”?
Mi scattano la foto, proprio come la desideravo, le ringrazio e le invito per un caffè per sdebitarmi.
Mi consigliano due locali, ma loro non verranno, sono impegnate (mi assegno da solo un quattro di picche anche se ingiustificato).
Riprendo la mia bike e percorro nel senso opposto il canale, cambiando sponda.
Incrocio due ragazzi che stanno pittando dei muri.
Chiedo loro il permesso di scattare qualche foto e video (Sempre chiedere prima, ricordatevelo)
“YES, NO FACE”
Risposta standard da writer.
Il discorso si fa più approfondito: il più grande, sui 40 anni, mi racconta il suo passato da writer e su alcune rivalità tra le crew di Vienna.
Mi racconta che Vienna è sempre stata molto aperta rispetto al mondo dei graffiti purchè non rovinassero gli edifici storicamente importanti.
Raggiungo la fine del canale: solo le 13.30 ed ho fame.
Lascio i graffiti per dedicarmi alla street art: ho più di 40 muri del Calle Libre festival da cercare.
Inizio a scovare qualche muro e nel frattempo raggiungo uno dei cafè che le mie nuove amiche mi hanno consigliato: il Vollpension in Wieden.
Sono le 14.10.
Ordino un Doble Espresso ed un toast.
Mi squilla il cellulare: è Emanuel, un famoso writer di Vienna.
Un contatto che un altro famoso writer di Milano mi ha lasciato.
“Hello Gianluigi how are you? I’m not in Vienna because I’m in Tenerife but please pass by my atelier, my assistant is waiting for you. Please call her”
Queste sono occasioni che capitano una volta nella vita: chiamo lo studio.
“Yes Gianluigi I’m waiting for you, I’ll be here till 3 pm”
Alle 14.25 ho finito di mangiare, bere ed ho pagato e mi dirigo verso l’atelier che dista 1km, ma è vicino ad alcuni wall che volevo fotografare.
Sento il rumore dei miei stessi passi perchè non posso perdere l’occasione di visitare lo studio di un artista.
Arrivo ed incontro Barbora: nata poco fuori Vienna ed appassionata di arte.
Sta lavorando per conto di Emanuel ad alcuni stencil.
Barbora mi racconta inizialmente la storia dell’atelier e di alcune opere su cui Emanuel ha lavorato, ma in poco tempo la conversazione vira su Vienna.
Mi racconta Vienna vista con i suoi occhi: odi et amo.
Capisco perfettamente quello che dice perchè è il mio stesso rapporto con Milano: a volte la odi e vuoi scappare, ma quando sei via non vedi l’ora di tornare.
Scopro una Vienna estremamente aperta al cambiamento senza perdere la propria identità.
Cara, ma accettabile.
Chiedo a Barbora qualche consiglio per la sera e cerco di non disturbarla oltre.
La invito per un caffè per ringraziarla, ma le ho già fregato troppo tempo ed è rimasta indietro con il lavoro (qui mi assegno sportivamente un uno di picche)
Riprendo a vagare a piedi per la città cercando alcuni wall.
Mi sarò perso 10 volte perchè non amo guardare sempre il cellulare: certamente in questo modo perdo tempo, ma sono sicuro di scoprire la città.
Poi sono da solo, nessuno mi sta addosso.
Mi muovo tra Wieden, Margareten e Mariahilf.
Scopro tantissimi angoli verdi nascosti tra i palazzi: moltissimi muri sono stati dipinti all’interno di giardini pubblici per bambini.
Una cosa che a tratti mi spaventa, ma ne capisco l’utilità, sono i gardini stessi: sembrano delle galere.
Per entrare è necessario aprire delle porte/grate in ferro, pesantissime.
Però dentro questi giardini vedo i bambini correre, ridere, giocare ed i genitori tranquilli.
Ore 18.30: seconda pausa in un altro locale consigliatomi dalle amiche runner, il Kaffemik.
Attacco a parlare con la barista che conosce qualche parola di italiano e mi faccio consigliare il loro miglior caffè.
Discreto.
Lei non è di Vienna: è di un piccolo paesino il cui nome mi è entrato in testa e ne è uscito subito dopo.
Così come il suo nome.
Mi mostra un’adesivo all’entrata: la bandiera arcobaleno e mi spiega che è un’iniziativa presa da tantissimi locali in supporto della comunità LGBT di Vienna.
Saluto, ma questa volta per ringraziare non posso offrirle un caffè (Mi sono risparmiato un due di picche)
Torno in Hotel: di questo vi racconterò solo alla fine.
Stanco morto dedico la serata a vagare per microbirrifici: incontro tantissimi italiani che vivono a Vienna.
Scambio qualche parola anche con loro, ma c’è la Serie A, il calcio è il discorso predominante.
Rientro in hotel e penso
“Ma oggi che monumenti ho visto?”
Il mio secondo giorno a Vienna
Mercoledì sveglia alle 6, colazione alle 7, bike sharing alle 8.
Raggiungo il quartiere Favoriten, a 5km dal centro, per vedere un wall di Shepard Fairey, in arte Obey.
Mi trovo in una zona periferica, ma mi sento tranquillo, sicuro.
Vengo ripreso da alcune sciure perchè attraverso una serie di condomini in bicicletta: mea culpa, non avevo visto il cartello di divieto.
La mattinata è dedicata a tutti quei wall fuori centro: mi sposto verso Rudolfsheim-Fünfhaus, altro quartiere periferico che trovo molto interessante.
Infine raggiungo finalmente il famoso quartiere Neubau.
La prima tappa è il Montana Store Vienna, un negozio di prodotti per writer.
Qui scambio qualche parola con i ragazzi al banco che mi consigliano due luoghi: erano già sulla mia mappa e questo mi rassicura.
La giornata è un susseguirsi di bike sharing misto a metropolitana misto a camminata per poter vedere tutti i muri che desideravo vedere.
Anche in questo caso mi perdo infinite volte, ma ogni volta scopro qualcosa di inaspettato: un cafè, un bistrò, un parco o un graffito.
A volte non scopro nulla, ma sono una persona positiva.
E pensare che Barbora mi aveva detto
“Is impossible to get lost in Vienna”
Povera illusa, se avesse bevuto un caffè con me avrebbe capito l’assurdità delle sue parole.
La stanchezza nel pomeriggio si fa sentire e quindi mi fermo a bere qualcosa al Liebling, un hipster bar che ho scoperto martedì.
Mi ritrovo circondato da ragazzi di ogni paese che parlano una lingua a me sconosciuta: finalmente trovo qualcuno che parla in inglese e mi faccio raccontare Vienna vista da un ragazzo di 25 anni.
Anche in questo caso le parole più usate sono: aperta, sicura, cara.
Riprendo il mio giro e mi sposto per le ultime foto verso il Naschmarkt.
Anni fa si diceva che per conoscere la vera cultura bisogna visitare i mercati: non credo più in questa idea.
Questo concetto è oramai diffuso, i mercati sono diventati attrazioni turistiche: spezie, pasta, carni, ristoranti…. e turisti logicamente.
Ripenso a Yppenplatz: una zona scoperta grazie alla street art del progetto Hands off the wall (dedicato alle donne).
Camminavo attraverso una via piena di bancarelle dove nessuno parlava inglese.
Anzi, la predominanza era turca ed araba.
Mi domando quindi: quale è la vera Vienna? Quella di Yppenplatz o quella del Naschmarkt.
La mia serata si conclude in un locale consigliatomi oggi dai ragazzi.
Bevo qualche birra artigianale in compagnia di sconosciuti entusiasti per la mia foga nel guardare Inter-Lazio.
Mi chiedono
“Did you enjoyed Vienna? What was the best thing about Vienna?”
Stanco morto rispondo
“Yes. The Donaukanal was amazing”
E mi domando
“Ed oggi invece che monumenti ho visto?”
Rientro a Milano e conclusioni sul viaggio
Dopo essermi svegliato alle 4, sono di ritorno a Milano, a casa mia, pienamente soddisfatto.
Durante il volo faccio mente locale e guardo il libricino su Vienna che mi è stato gentilmente regalato.
Posso dire di aver visto di sfuggita a mezzanotte il Duomo, aver intravisto in lontananza il Museo di Storia dell’Arte e Karlsplatz, non aver notato il Prater nè aver cercato su Google il Castello di Schönbrunn per capire dove fosse.
Vi dirò di più: non ho assaggiato la Sachertorte.
La domanda che mi viene fatta è
“Scusa, ma a Vienna cosa sei andato a fare allora?”
Ad essere concreto: camminare per la città cercando di scoprirne l’anima underground e le periferie, il lato più hipster e quello più vicina al mio modo di essere.
Probabilmente passerò per pazzo, ma dopo aver viaggiato tanto mi domando
“Ma io perchè viaggio?”
Tutti dovremmo domandarcelo
“Perchè viaggio?”
Rientro a casa felice e soddisfatto: Vienna mi è piaciuta e la consiglierò a chi me lo chiederà, anche se non ho visto nulla
A me va bene così.
Forse anche voi, come mio padre, vi state domandando ancora
“Scusa, ma tu sei stato a Vienna a fare cosa?”
La risposta la trovate nelle parole che ho scritto in questo articolo.
Due giorni non sono mai abbastanza per conoscere una città, ma avvicinandosi alle persone ed alla strada si possono percepire delle vibrazioni.
Non è detto che sia necessario un viaggio di 14 ore in un altro continente per trovare sè stessi.
Prima forse bisogna trovare la risposta ad una semplice domanda:
“Perchè viaggio?”
E neanche un hotel senza acqua calda, senza chiavi magnetiche e con le trappole per formiche in camera può farmi cambiare idea su questo.
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