NOGA – Nation of Graffiti Artists: il primo studio per writer nella New York degli anni ’70

C’è un pezzo di storia che ha anticipato tutto e che in poche persone conoscono: NOGA, acronimo di Nation of Graffiti Artists. Non era una crew, non era una galleria, e nemmeno un centro sociale… è impossibile cercare di correttamente NOGA perchè forse era un po’ di tutto questo.

Cosa è la street art? Street Art Graffiti Disagismi Urbani

Cosa è la street art? una domanda a cui non è sicuramente facile rispondere. Proviamo a capire oggi cosa si intende con questo termine e da dove ha origine il tutto

New York 1970 e le prime tag

Tutto ha inizio a New York negli anni ’70. La periferia della città è sporca, incasinata, a tratti abbandonata, ma è piena di energia. Da qualche anno i muri sono caratterizzati dalle scritte realizzate dalle gang, un marchio territoriale che ricorda a chi vive il quartiere (e soprattutto a chi arriva da fuori) chi “comanda” nella zona.

Qua e là si intravedono, però, le prime vere tag: scrivere il proprio nome sui muri, sui pali della luce, sulle panchine e ovunque sia possibile sta pian piano diventando l’atto preferito dei giovani delle zone meno abbienti. Un modo per far conoscere il proprio nome ed esprimere la propria esistenza, per farsi riconoscere e ascoltare da una società che li sta dimenticando.

Le scritte realizzate da figure come TAKI 183 e CORNBREAD sono il precursore di uno dei più grandi fenomeni artistici contemporanei: il writing (i graffiti). In poco tempo, le semplici tag si evolvono: passano dai muri ai treni, appaiono i primi throw-up e i primi pezzi colorati.

Il writing esplode, ma nessuno lo prende ancora sul serio. Tra le poche persone che ci credono, c’è una figura poco conosciuta, ma con una visione chiara.

Jack Pelsinger e il sogno di dare spazio ai writer

Jack Pelsinger era un artista e professore. Non era un tagger o un writer, ma aveva capito qualcosa che altri non vedevano: quei giovani con marker e spray in tasca avevano uno speciale talento, qualcosa di innovativo che non era ancora stato approfondito. Aveva compreso anche un’altra cosa: questi ragazzi non avevano un posto dove esprimersi.

Con la scusa di diminuire il fenomeno del tagging e del writing, Pelsinger riesce ad ottenere incredibilmente dalla città di New York, in piena crisi, uno spazio per questi ragazzi, un luogo dove permettergli di dipingere legalmente. Gli viene assegnata la fatiscente stazione nell’Upper West Side di Manhattan per 1 dollaro al mese.

Nasce così NOGA, un laboratorio d’arte gratuito per writer. Qualcosa di nuovo per quei tempi: un luogo dove potevano accedere fino a cento diverse persone, ragazzi e ragazze di ogni quartiere, molti dei quali avevano già fatto le loro prime esperienze sui treni, ma non avevano mai toccato un pennello o visto una tela.

NOGA: laboratorio e manifesto

NOGA non era semplicemente un posto per imparare a dipingere. Era uno spazio dove si parlava di politica, si creavano quadri per le manifestazioni, si dipingevano murales per il quartiere.

Era arte di strada, ma con una coscienza. Una specie di raduno per creativi, che mischiava la libertà del writing con l’idea di poter costruire qualcosa di concreto, di trasportare quella forza che spingeva i writer a dipingere i vagoni della metro su altri materiali. Alcuni lo hanno definito un esperimento di capitalismo creativo: si imparava a vendere i propri lavori, a esporli, a comunicare. Ma per tanti, la vera ricompensa era un’altra: dare spazio alla propria voce e trovare un percorso artistico per un futuro migliore.

Dal punto di vista legale era anche un’idea geniale: non esistevano ancora leggi severe contro i graffiti. Se qualcuno veniva beccato a dipingere un treno dopo aver partecipato a NOGA, si beccava al massimo una sgridata. Niente Vandal Squad, niente multe pesanti. Un’epoca selvaggia, piena di possibilità, ma anche instabile.

NOGA è durata poco, ma ha lasciato un segno.

Chi ha fatto parte di NOGA?

Dentro NOGA sono passati alcuni dei nomi più grossi del writing: SCORPIO, BLOOD TEA, ALI, STAN 153, SAL 161, CLIFF 159. Oggi magari questi nomi dicono poco, ma per chi conosce le origini del writing newyorkese, sono vere leggende. C’erano anche tanti che magari non hanno fatto carriera, ma che grazie a NOGA hanno scoperto di saper dipingere, disegnare, comunicare.

Online ci sono poche testimonianze riguardo a NOGA, ma Ree, uno dei nomi della scena dell’epoca, ci racconta questo: “Avevamo il nostro club in 86esima strada, pagavamo un dollaro d’affitto. Ma il posto cadeva a pezzi, e alla fine ci hanno buttato fuori perché avevamo dipinto ogni centimetro”.

NOGA oggi: un pezzo dimenticato di storia

Oggi NOGA è quasi dimenticata, io ho avuto la fortuna di scoprirne l’esistenza solo perchè citata in vecchi libri che raccontano di writing. Non c’è un museo e non c’è una fondazione, non ci sono documentari online. Ci sono però foto incredibili scattate da Michael Lawrence, raccolte in un libro curato da Chris Pape (aka Freedom, uno dei grandi nomi del writing underground)

Quelle immagini raccontano un momento irripetibile: una New York in bilico, dove i writer erano ancora ragazzini e i treni delle subway erano le loro gallerie.

E’ importante ricordarne oggi l’esistenza. Prima delle gallerie, delle aste, degli NFT, dei festival sponsorizzati… c’era chi si sporcava le mani per creare qualcosa di vero, con pochi mezzi e tante idee. NOGA è stato il primo tentativo di istituzionalizzare il writing senza snaturarlo. Non per addomesticarlo, ma per proteggerlo e farlo crescere. E anche se oggi è solo una pagina dimenticata della storia, forse è arrivato il momento di riscriverla



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